Si può dire che ogni innamorato
sia pazzo, ma si può immaginare un pazzo innamorato? (R.Barthes)
- Non credo che piangere ti possa servire.
- Lo so ... non riesco ...
- Allora smettila e raccontami.
- Non piango per me, per la fine di un amore. Piango per lui, per dove sta
andando. L'amore finisce con una specie d'innocenza, si ferma come un
gioco interrotto. Semplicemente non manda più segnali, non brilla, non
luccica al mio sguardo. I nostri gesti sono avvolti da una vernice opaca,
impenetrabile. ma ti ripeto non piango per questo, per il silenzio
sopraggiunto, ma per il modo, per come finisce, per ciò che sta mettendo
al mio posto.
-Se provassi almeno a dividere con me questo segreto, se tu accettassi di
riposarmi in grembo come quando eri bambina.
-Vuoi ancora una storia, un fatto. Nella misura in cui le storie, le
favole sono consolatorie, per il semplice fatto di raccontarle, prevedono
almeno una fine. Mentre a me manca l'infinita tenerezza, la carezza
sospesa, la luce di uno sguardo. Sono forse cose che si possono dire,
dividere? Ma poiché tu vuoi che ti parli nel linguaggio di una presenza,
che le persone, o meglio i personaggi prendono corpo, si muovono,
sostituiscono comunque i loro gesti, anche se insensati, all'inerzia del
vuoto, io ti obbedisco. Seguimi, accompagnami, abbracciami.
Da qualche mese Roberto era strano, svagato, come una fotografia
sopraesposta, sfocata. Sembrava sempre, non so come dire, in più,
iperdettagliato, o in meno, evasivo rispetto alle situazioni, comunque
imprevedibile. Come i giorni trascorsi a Milano, l'incontro con il vecchio
analista cieco di New York. Quando tornò i nostri incontri si fecero meno
frequenti, meno dolci, meno possessivi. L'illusione continua di avere
dell'altro un'immagine definita, immutabile, garanzia dell'eternità
dell'attimo, fantasma perenne di unicità -i miei occhi nei tuoi, i tuoi
occhi nei miei, il mondo fuori- cedeva, rallentava. Ci lasciava.
Cominciò allora i suoi discorsi strani, incomprensibili. Non mi amava più
in quanto capiva di aver amato quella parte di vuoto che la mia immagine
riempiva nella sua vita. E non solo metaforicamente. Voglio dire che
cominciò a interessarsi ai vuoti del nostro rapporto, i bianchi, le
impronte dei nostri passi sulla spiaggia, il fumo di sigarette in una
stanza, il tavolino del bar, un attimo prima e un attimo dopo che ci
eravamo seduti, le sedie discoste e le tazze vuote, il mio bicchiere
orlato di rossetto. In una sorta di feticismo dell'assenza, non amava gli
oggetti, le persone ma le situazione, i momenti appena trascorsi, quelli
da vivere. L'immaginario -mi diceva- che perpetua ogni amore, ne è
condizione necessaria, ineliminabile. Queste le parole che avrei potuto
sussurrare, e la pressione della mia mano sui tuoi seni, se questo
pomeriggio avessimo . Se fossimo andati a Venezia avremmo occupato quei
posti in quel treno che vedi partire, ci saremmo guardati non
dissimilmente da come si guardano adesso coloro che vi siedono. E quindi e
ancora le attese, i giri misurati delle lancette di orologio che le
separano dagli atti -che questi fossero sempre imprevedibili, che noi
fossimo sospesi nei luoghi ove avevamo pensato di portarci, che i nostri
corpi fisici potevano occupare. Non credo che ti possa essere chiaro,
forse non lo è stato mai neanche per me. Ma capivo che, come persona
reale, lo interessavo sempre meno, che si rivolgeva ad un'assenza, a una
sospensione del senso comune, inconoscibile. Passo un pomeriggio, lo
sguardo incantato di un bambino, ad amare lo spazio vuoto tra i due seni,
quella concavità, quel nulla, finché fu buio Volle dormire di giorno nel
mio letto per occupare lo stesso spazio, lo stesso volume che il mio corpo
aveva occupato di notte. Assumeva la medesima posizione che un attimo
prima tenevo sì che il suo sguardo abbracciasse, con esattezza
infinitesima, lo stesso campo visivo che un attimo prima i miei occhi
guardavano.
Le figure del nostro amore, dolori, angosce, rancori ma anche la dolcezza
dell'inizio, i corpi intrecciati, i sospiri, erano solo elementi in
positivo di quell'altro, quel negativo, vuoto pneumatico del suo
desiderio.
E dopo alcune settimane e giorni trascorsi in questo sogno di un sogno,
rovescio, involucro, castone di un anello di cui la pietra iridescente non
era che un ricordo, Roberto cominciò ad interessarsi all'arte, alla
scultura. Prima mi volle modella, poi gli andò bene ogni oggetto, ogni
minima increspatura, diseguaglianza, difformità in quanto contorno di
quell'altro, aereo, di cui si diceva interprete, unico impossibile
artista. perché, -io non ero più che un ricordo, presenza inutile nel suo
studio.- ormai scolpiva l'aria, il vuoto, convinto di offrire a quello
altro, assenza immanente tra le cose del mondo, mondo parallelo ritagliato
dai contorni del nostro, un segnale e una traccia, un linguaggio per
manifestarsi. Non posso fare a meno di piangere. Vedi bene come l'ho
perso.
Ora andremo alla sua mostra, ora terrà uno dei soliti discorsi ove delirio
e realtà si intrecciano, comunque fruibili per la critica, compatibili con
l'ispirazione artistica. Parlerà ancora al vuoto, come gabbia evasiva che
ci circonda, attenderà l'eco furtiva di una risposta. Poi il suo sguardo
scorrerà ancora sui contorni, sui profili, sull'intervallo tra le
silhuette accostate, sugli infernali oggetti d'acciaio e nulla,
enigmatiche offerte a un'assenza. Sorriderà.
-Andiamo, Elena, Basta. Non è giusto e non è bello ... e Massimo aspetta.
Le due donne escono, le loro figure si stagliano per un attimo nel vano
della porta. Resta una stanza vuota, un libro aperto, e ancora il bianco
tra il nero delle scritte. Non dissimilmente dall'amore. Una stanza
abitata dal vento.
Fulvio Sorge (1980)
|